Un dono dall'oceano
“Sulla scia lasciata dal Re,
il Figlio delle Generazioni,
il predestinato,
incede lungo la strada dei Padri.
Tra corridoi di sabbia,
la Clessidra
segna il tempo Futuro.
La Fortezza di quel tempo
custodito da fiere mani
ricoperte d'acciaio,
esuma il primo granello
scintillante di secoli
andati e a venire,
serbando l'alito di Vita
della Terra sotto il Mare.”
Don Melville sollevò lo sguardo dal volume, togliendosi gli occhiali e stropicciandosi le palpebre. Rifletteva sul senso di quei versi ermetici cercando di mettere a fuoco gli eventi delle ultime ore.
La scoperta del manoscritto che narrava la leggenda di Camelot da parte di Maximilian non l'aveva sorpreso, ma al contrario, rafforzava in lui quelle intuizioni che si susseguivano senza sosta fin dal momento in cui i due giovani erano arrivati al castello. Intuizioni confermate sempre di più dai messaggi criptati, ormai vecchi di secoli, custoditi nel volume che leggeva. Gli antenati continuavano a parlare, con voci polverose e segni sbiaditi sopra pagine ingiallite dal tempo.
L'uomo si alzò dalla poltrona su cui aveva passato le ultime ore, e andò verso la finestra, scoprendo le tende per far entrare la luce del giorno. I raggi del sole filtravano debolmente attraverso la cortina di nuvole che opprimeva inconsuetamente lo spazio sopra il mare. La tempesta sembrava passata, ma gli ultimi strascichi del maltempo incupivano il cielo delle quattro del pomeriggio. Don Melville abbassò gli occhi verso il sentiero che portava alla spiaggia, sorridendo soddisfatto alla vista dei suoi ospiti, che a passi svelti, si dirigevano verso il lembo di costa sabbiosa delimitante il castello a sud.
- Accidenti! Don Melville mi ucciderà quando porterò tutta questa sabbia in casa! - esclamò Kim fissando la suola con fitte e sottili scanalature delle scarpe da ginnastica, completamente riempite di terriccio umido.
- Ecco perché non tradisco mai i miei Doc Marten's! - commentò Max ridendo, mentre camminava verso il bagnasciuga.
La ragazza seduta su una delle rocce che delimitava il sentiero, si tolse le scarpe iniziando a sbattere le suole una contro l'altra, per liberarle dalla sabbia.
- Sai Max, ho fatto un sogno stranissimo poco fa, mentre dormivo in salotto... forse l'atmosfera di quel castello antico mi sta suggestionando...
- Perché togli la sabbia? Continuando a camminarci sopra si riempiranno di nuovo...
Kim tolse anche i calzini e si alzò, tenendo le scarpe in mano e incamminandosi a piedi nudi verso di lui - Le rimetto dopo, quando rientriamo. Quel sogno, ti dicevo... era inquietante... c'era una specie di guerriero medievale con tanto di armatura. E una spada gigantesca, che doveva pesare almeno una tonnellata, puntata verso di me...
- Interessante simbologia fallica! - scherzò il ragazzo scoppiando a ridere.
- Sciocco! - lo apostrofò Kim ridendo a sua volta - Simbologia fallica a parte, quel sogno mi ha un po' turbata.
- Era solo un sogno, non dargli più peso del dovuto - disse Max, mentre fissava indicando con la mano un punto a ridosso della battigia - Cos'è quella?
Si diresse a passo svelto verso il punto che aveva indicato, seguito dalla ragazza. Una volta arrivati, rimasero per qualche istante immobili, entrambi osservando qualcosa che brillava semisepolto nella sabbia. Infine Max si chinò raccogliendo l'oggetto, e rigirandoselo tra le dita mentre lo studiava.
- Non ho mai visto niente del genere... - mormorava - A prima vista sembrerebbe risalire ad almeno sette-ottocento anni fa... a giudicare dal tipo di lavorazione dell'oro e di livello di corrosione del metallo.
- E' un medaglione! - esclamò Kim allungando istintivamente la mano per prendere l'oggetto. Appena le sue dita sfiorarono la superficie brillante, si immobilizzò serrando gli occhi e sobbalzando. Le scarpe le caddero di mano rotolando sulla sabbia.
- Kim! Che ti succede? Stai bene? - chiese preoccupato l'archeologo afferrando la ragazza per le spalle e scuotendola. Lei continuava a sobbalzare con gli occhi chiusi, come fosse in una specie di trance.
- Aprite i cancelli, liberate la gente nella Torre di Smeraldo... Chiamate mio Padre... è nella Grotta di Fuoco... Voglio respirare l'aria riscaldata dal sole sulle onde... - continuò a mormorare frasi sconnesse per quelli che a Max sembrarono istanti infiniti, poi finalmente Kim aprì gli occhi fissandolo confusa.
- Che ti è successo? Stai bene? - chiese ancora ansiosamente il giovane archeologo, preoccupato.
- S-si... sto bene... perché me lo chiedi?
Max la fissò interrogativo - Dicevi frasi senza senso, sembravi in un altro pianeta!
- Io!? Ma che dici? Ascoltavo quello che dicevo riguardo quell'oggetto... - abbassò lo sguardo e vide che serrava ancora tra le dita il medaglione - Ma... ce l'ho io?
- Non ti ricordi di avermelo praticamente strappato di mano, prima di iniziare a farneticare come una pazza?
Kim continuava a fissare confusa il medaglione - No... non ricordo... è molto bello... - sollevò lo sguardo verso il mare, poi guardò Max. Gli occhi della ragazza brillavano di riflessi verdi scintillanti, sembrava avesse uno sguardo differente - Posso tenerlo? - chiese.
Max l'ammirava come ipnotizzato, in quel momento non pensava più alla scena a cui aveva assistito pochi minuti prima, era perso nel verde di quello sguardo nuovo, come nuotasse in correnti sottomarine che lo trascinavano dolcemente, e alle quali era incapace di resistere - Certo - disse - consideralo un dono da parte mia... e dell'oceano.
Si voltò anche lui verso il mare, fissando l'orizzonte.
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