31/05/10

Magic Waters II

Magic Waters 2 RobiSamy

Sorpresi dalla tempesta

La pioggia battente, che aumentava sempre di più, rendeva quasi impossibile la visione della strada oltre il parabrezza. Il cielo era così scuro che sembrava notte, nonostante fossero appena passate le sei del pomeriggio.

Kim accostò la macchina al bordo della strada, e fermò il motore. Accese la radio, per avere un sottofondo musicale con cui attendere la fine della tempesta che, considerando l'intensità e la stagione, non pensava sarebbe durata a lungo. Il notiziario delle 6,30 la disilluse in tal senso: quella perturbazione eccezionale per quei luoghi era un ciclone proveniente da Est, che avrebbe stazionato almeno per tutta la notte.

La ragazza si lasciò sfuggire un'imprecazione. Con quelle condizioni non poteva raggiungere l'albergo ancora distante un paio di centinaia di miglia. Era già rassegnata a passare la notte in macchina al freddo e senza cibo, quando un lampo squarciò il buio, facendole sollevare istintivamente lo sguardo, in attesa del tuono, e lasciandole intravedere per un attimo una sagoma scura e imponente, a circa 50 metri sulla sinistra, che sembrava sorgere dal mare.

- E quello da dove spunta? - esclamò ad alta voce Kim. Anche se l'aveva visto solo per un istante, era certa fosse un edificio, probabilmente un palazzo, o una grande villa, a giudicare dalle dimensioni.

Qualunque cosa sia, è la mia salvezza! Sempre che chi ci abiti sia gente ospitale con gli stranieri sorpresi dalla tempesta!”

Accese il motore e, con estrema prudenza, procedendo a passo d'uomo, diresse la macchina verso il punto dove aveva visto l'edificio.

Un altro fulmine, quasi provvidenziale, le mostrò una rampa d'uscita che collegava la highway con la stradina d'accesso al palazzo.

Aveva imboccato quella strada da pochi secondi, quando si accorse dei fari di un'altra auto che la precedevano di pochi metri sul vialetto.

Seguendo quei fari, arrivò in prossimità del mare, imboccando un pontile che delimitava la fine della stradina, e l'inizio di una proprietà privata. Entrambe le macchine si fermarono in un piazzale ai piedi dell'edificio, dove sostava solo un altro veicolo.

Kim scese dall'auto, e corse sotto la pioggia verso l'ingresso, seguita dalla figura dell'altro guidatore.

- Mi scusi – disse, rivolta all'uomo che accorreva dietro di lei, una volta riparatasi sotto la pensilina del portone – non sapevo dove andare con questa tempesta! Ho sentito alla radio che durerà tutta la notte. Non mi sentivo sicura in macchina, spero possiate ospitarmi...

- Lo spero anch'io! Ho pensato esattamente le stesse cose quando sono stato sorpreso dal ciclone.

- Credevo lei fosse il padrone di casa, mi scusi! - disse Kim al giovane compagno di sventura, ridendo un po' imbarazzata.

- Magari! Ha visto? - rispose l'uomo, ridendo a sua volta, con lo sguardo sollevato in alto verso l'edificio – Altro che casa! Questo è un castello... e anche bello grande.

Kim si sporse oltre la pensilina per guardare, mentre lui suonava il campanello posto a lato del portone. Era davvero un castello, e sembrava antico, da quel poco che riusciva a scorgere sotto la pioggia battente. Sorgeva sul mare costruito su un isolotto roccioso a parecchi metri dalla costa.

- Buonasera – una voce alle sue spalle la riscosse.

Aprendo la massiccia porta, un uomo sulla sessantina, alto e distinto, accolse i due ospiti con un sorriso di benvenuto quasi impercettibile sotto la folta e curata barba canuta. Aveva uno sguardo intelligente e vivo, la linea arcuata delle sopracciglia esaltava la fuga della fronte stempiata, creando quasi un contrasto con l'abbondanza di peluria nel resto del viso.

- Ci siamo trovati improvvisamente nel pieno di questo ciclone infernale! - disse il giovane – E' da matti pensare di proseguire finché non passa. Ci chiedevamo se fosse possibile avere ospitalità per la notte... anche pagando.

- Non dica sciocchezze, giovanotto - esclamò l'uomo, con un espressione di rimprovero così caricata che non lasciava dubbi sulla sua natura ironica - 'La mia casa è la tua casa', come diciamo da queste parti, soprattutto con un tempo del genere! Mi aspettavo qualcuno arrivasse dall'autostrada. Con tifoni del genere succede sempre che qualche viaggiatore sia costretto a fermarsi qui, è l'unico posto abitato nel raggio di settanta miglia. Ho già preparato delle stanze. Qui c'è spazio per un esercito, entrate pure.

- La ringrazio infinitamente signore. Io mi chiamo Maximilian King... Max! - disse il giovane porgendo la mano prima a Kim, poi al padrone di casa.

- Kim Hateley - rispose la ragazza.

- Molto piacere – concluse la presentazione l'uomo – Chiamatemi pure Don Melville, miei giovani amici. Sono il tutore affidatario del castello.

L'interno dell'antico palazzo era affascinante: elegante e moderno negli arredi, mantenendo l'atmosfera dei tempi passati nella struttura, nei molti oggetti e quadri che completavano le sale.

Don Melville li accompagnò al piano superiore, indicando loro le stanze dove avrebbero passato la notte.

- Rimettetevi in sesto con comodo. Io intanto vado a preparare una bella cena calda – disse congedandosi con un sorriso.

Rimasti soli, Max e Kim si guardavano intorno, scambiandosi occhiate e commentando quell'accoglienza così calorosa. Erano stati proprio fortunati a capitare in quel posto. Max non riusciva a impedirsi di lanciare ogni tanto uno sguardo alle forme perfette ed eleganti del seno di Kim, esaltato dalla maglietta verde chiaro, bagnata e semitrasparente, che aderiva al corpo. I capelli, lunghi e zuppi, scendevano in ciocche imprigionate dalla pioggia, che le ondulava fino al petto, rendendola ancora più affascinante.

Un'occhiata di lei, e il gesto di sollevare le braccia, incrociandole sul seno, lo costrinsero a sollevare lo sguardo, con un po' d'imbarazzo, e a darsi appuntamento per cena, dopo una bella doccia e un cambio d'abiti.

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