10/07/10

Magic Waters VIII

Magic Waters VIII Robi

La Terra del Re

Dopo il ritrovamento del medaglione, Kim e Max tornarono al castello, senza che nulla di rilevante occupasse le ore seguenti. Cenarono, scambiarono qualche chiacchiera, alle quali si unì come di consueto Don Melville, e si ritirarono per la notte. Kim disse che era molto stanca, e sarebbe filata diritta sotto le coperte. Max invece voleva continuare a studiare quei manoscritti così pieni di stupefacenti notizie storiche, che sembravano dare una luce nuova ad avvenimenti archiviati dal tempo, come la leggenda di Camelot e Re Artù.

Immergendosi nella lettura dei vecchi volumi, il suo stupore aumentava man mano che ricostruiva una storia apparentemente sconfinante nel fantastico: secondo quei documenti Camelot era un'isola dell'arcipelago prospiciente l'attuale Baja California. In un'epoca che poteva situarsi grossomodo - qui le informazioni erano vaghe - verso la fine del IV secolo dopo Cristo e l'inizio del V, un evento naturale, probabilmente un terremoto causato dallo spostamento della Faglia, la fece sprofondare nell'oceano.

Fin qui nulla di particolarmente sconvolgente, la storia del pianeta è piena di racconti catastrofici dislocati in diverse ere, passate e addirittura future. Ma da quel momento, i fatti narrati nei documenti iniziavano ad assumere connotati quasi fantascientifici. Max leggeva avidamente, e la sua formazione razionale assorbiva con scetticismo quel racconto. Ma qualcosa dentro di lui - la stessa cosa che aveva fatto della ricerca di Atlantide lo scopo della sua vita - voleva crederci.

La storia spiegava come gli abitanti di Camelot sopravvissero al cataclisma: una volta che l'isola fu nelle profondità oceaniche, un patto stretto con una figura semidivina paragonabile a quella di Poseidone, li trasformò in creature capaci di respirare nell'acqua, grazie a quella che Max poteva definire una mutazione genetica... praticamente il vecchio Nettuno aveva creato una corte di sirene e tritoni nuova di zecca! E magari era un Nettuno extraterrestre!

L'archeologo sorrise, tornando alla lettura. Ma fantascienza mitologica a parte, la cosa che più lo intrigava era la presunta esistenza di un luogo segreto che custodiva la prova della veridicità di quel racconto. Confrontando e mettendo insieme diverse informazioni, anche più recenti di quelle trovate nel primo volume, Max era giunto alla quasi certezza che quel luogo si trovasse proprio nel castello!

Inizialmente pensò di chiedere a Don Melville se fosse a conoscenza di un luogo del genere, magari nascosto in fondo a qualche passaggio segreto, o nei proverbiali sotterranei che ogni edificio di quel tipo cela. Poi però ricordò l'assoluta e sincera ignoranza dell'uomo riguardo il passato del castello, quando gli aveva parlato del manoscritto trovato in biblioteca.

Naturalmente poteva benissimo darsi che tutta quella storia fosse frutto di fantasia, e non esistesse nessuna stanza segreta. Ma la curiosità scientifica del giovane archeologo lo spingeva a continuare le ricerche. Se Schliemann avesse ritenuto il racconto di Omero semplice frutto dell'immaginazione, le rovine di Troia non sarebbero mai venute alla luce. Unico limite, il poco tempo a disposizione: nel giro di qualche giorno le strade sarebbero state di nuovo percorribili, rendendo superfluo prolungare la sua permanenza e quella di Kim al castello. Don Melville non avrebbe sicuramente obiettato, ma non sarebbe stato cortese rimanere lì per ficcare il naso. Soprattutto considerando che Kim se ne sarebbe andata per proseguire la sua vacanza, non avendo altre ragioni che la trattenessero. A parte lui, gli sarebbe piaciuto pensare... in cuor suo si augurava un prolungamento nei lavori di ripristino della rete stradale che, oltre a permettergli di verificare l'attendibilità di quelle informazioni, gli avrebbe concesso più tempo per approfondire la conoscenza con quella ragazza che l'aveva affascinato fin dal primo momento.

Con un angolo della mente occupato dal pensiero di Kim, tornò a rivolgere la sua attenzione agli antichi documenti. Lesse finché gli occhi non riuscirono più a seguire quei segni sbiaditi tracciati sulle pagine e, riuscendo a malapena a percorrere la distanza tra la biblioteca e la sua stanza, cadde in un sonno profondo non appena si fu gettato sul morbido materasso.


Quella vacanza non stava procedendo secondo i programmi, però era a suo modo interessante. Il fatto di trovarsi in un castello, e dormire in una stanza impregnata di storia - ordinaria o straordinaria che fosse - affascinava il lato fanciullesco, sognatore di Kim. Il caso le aveva poi permesso di conoscere quel giovane dalla personalità magnetica e i mille interessi, che attraeva magicamente l'attenzione a sé anche parlando di argomenti comuni.

Si rigirava nel letto, incapace di distogliere lo sguardo dal medaglione che Max aveva trovato sulla spiaggia e poi donato a lei. Il modo spontaneo con cui aveva accolto la sua richiesta, regalandole senza indugio quell'antico gioiello, probabilmente molto prezioso non solo dal punto di vista storico, aveva portato in superficie certi pensieri, emozioni, fino a quel momento rimasti in sottofondo nella sua anima. Quei pochi giorni erano bastati perché iniziasse a provare qualcosa di più che un semplice interesse intellettuale, o fisico, nei confronti del giovane. Era qualcosa che probabilmente li conteneva entrambi, insieme a tante altre cose. Non riusciva ancora a dargli un nome, ma si augurava che la loro permanenza al castello durasse abbastanza per poterlo fare. Stando a quanto dicevano i notiziari, l'opera di ripristino delle strade procedeva velocemente. Era probabile che la situazione tornasse alla normalità prima delle due settimane previste dalle stime iniziali dei danni. Se così fosse andata, sperava comunque di non perdere di vista il giovane archeologo. D'altra parte potevano sempre ritrovarsi per ragioni professionali, collaborando in qualche progetto che coinvolgesse l'Università di Max e la Star-Shaped Seashell.

Mentre questi ed altri pensieri occupavano la sua mente, la stanchezza accumulata durante il giorno, seguita immediatamente a quella specie di trance che, secondo Max, l'aveva colta sulla spiaggia - di cui non ricordava nulla, ma ne sentiva ancora gli effetti - e l'abbondante cena che Don Melville, come al solito, aveva fatto loro trovare sulla tavola, le chiudevano lentamente le palpebre. Riguardo quel mancamento improvviso Max era stato vago, asserendo, con un'espressione preoccupata, che lei aveva pronunciato frasi senza senso. Probabilmente non voleva allarmarla più del dovuto riguardo quell'episodio isolato, provocato sicuramente solo dallo stress accumulato in quei giorni.

Abbandonandosi alla piacevole sensazione del sonno che arrivava, rilassandole ogni cellula del corpo, con ancora stretto fra le dita il medaglione d'oro, Kim si addormentò profondamente nel giro di pochi minuti.

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