26/11/09

Ali d’Acqua VI

Water Wings 7

Il Kraken

Gracelyn, a occhi chiusi, si abbandonava alla carezza di quel vento profumato di salsedine, che le soffiava sul viso e le scompigliava i lunghi capelli castani, mentre la barca procedeva veloce sulla superficie dell’Oceano, al largo delle coste australi. Appoggiata a tribordo, con la testa leggermente piegata sulla spalla, si godeva quei pochi momenti di pace, assaporando le sensazioni di assoluta serenità e dolcezza che il suo elemento naturale, le donava. Molto presto, pensava, avrebbe rimpianto quegli attimi, una volta che la barca fosse giunta a destinazione, in quella zona dove una minaccia ancora non ben definita, stava lentamente risucchiando la vita dal mare.
- Capo, ci siamo.
La voce di Chuck la scosse da quel torpore quasi onirico, e Grace aprì gli occhi. La barca era ferma - non si era accorta della manovra, immersa com’era nella sua trance elementale - e il suo assistente la stava fissando, con un sorriso compiacente sul volto abbronzato. Chuck era un aborigeno, e capiva la sostanza dei sogni. Una delle ragioni per cui Grace lo aveva messo al comando della sezione australiana delle Star-Shaped Sheashell org.
- Bene, Chuck, è qui dunque...
- Si. Perlomeno, questa è la zona segnata sulla mappa virtuale elaborata da Devereaux... e detto fra noi, Capo, qualcosa mi dice che è proprio qui che inizieremo ad avere qualche risposta.
Quel qualcosa era un altro dei motivi per cui Chuck avesse un ruolo di primaria importanza nell’organigramma dell’Azienda, e nella considerazione professionale di Grace. Il giovane aborigeno aveva infatti una sensitività telepatica molto sviluppata, che lo rendeva oltremodo prezioso per gli scopi perseguiti dalla Sea Star org. L’ultima ragione era l’assoluta discrezione e fedeltà del giovane, una delle poche persone a conoscenza della natura Atlantidea della manager dagli occhi verdi.
- Bene, allora procediamo come convenuto, Chuck. Accendi gli scanner di profondità, e crea una copertura antiradar per un raggio di, diciamo, tre miglia marine, registra tutto, e rimani costantemente in contatto con me... - Grace si tocco la tempia con due dita, indicando un tipo di contatto non contemplato dalle scienze esatte.
- Naturalmente - annuì Chuck, avvicinandosi con una muta subacquea blu cobalto, che le porse. Grace fece segno di no con la mano.
- Non stavolta, Chuck. E’ troppo che manco dal mare, voglio sentire le correnti sulla pelle, amico mio - disse, sorridendo.
Si tolse la t-shirt bianca, i mocassini Timberland, e i corti pantaloncini di cotone. Sotto portava un costume a due pezzi con motivi geometrici verdi e neri. Con un agile balzo saltò sul bordo della barca, mantenendosi in equilibrio bilanciandosi sulla punta dei piedi, e allargò le braccia. Portò avanti le mani, assumendo una posa da esperta tuffatrice; il vento le agitava leggermente i capelli, mentre l’Ondina assaporava ogni istante dell’attesa, prima di spiccare il salto verso le profondità dell’Oceano.
Grace si voltò un’ultima volta verso Chuck, sorrise, e con un balzo si lanciò nell’acqua, sparendo in un baleno sotto la superficie.
- Buona fortuna, Capo - mormorò Chuck, facendosi serio. Poi si voltò e tornò all’interno della cabina comandi, pronto a fare la sua parte.


La carezza delle correnti sottomarine era infinitamente più dolce e delicata di quella del vento di superficie. L’accoglieva, ricordandole che lei era una creatura dell’acqua, e la sua casa era l’Oceano, vasto e multiforme quanto l’universo che lo conteneva.
Nuotava veloce, gustando la delicata, ma pungente sensazione dell’ossigeno che penetrava nel suo organismo attraverso i pori della pelle, scorrendo lungo le arterie, e si trasformava in energia di vita. Non c’era paragone con la limitata capacità respiratoria del popolo di superficie, questa era essenza pura della consapevolezza di esistere.
Anche se la missione l’aveva costretta a rinunciare alla sua fisicità originaria, le gambe in cui si era metamorfizzata la pinna caudale si comportavano bene, e battendole alternativamente, facendo vibrare la massa d’acqua coi piedi, riusciva a raggiungere velocità notevoli, anche se non elevate come quelle di un tempo. Ma non importava. Rinunciando alla sua forma originaria di Ondina, aveva guadagnato l’amore di un Angelo.
Immersa nel suo elemento, e nel flusso dei pensieri, Grace non si era accorta di essere scesa notevolmente in profondità, giungendo in una zona buia e silenziosa -per lei, in grado di sentire le migliaia di voci del mare-, dove le correnti tendevano a diminuire, fino a fermarsi, e dove non vi era apparentemente alcuna forma di vita.
Gracelyn si fermò, ondeggiando, con leggeri movimenti delle braccia e delle gambe. Percepiva come l’acqua, in quel punto, tendesse a raffreddarsi progressivamente. Capì di essere giunta presso l’epicentro della zona di crisi.
“Chuck... riesci a sentirmi?”, chiamò telepaticamente il giovane aborigeno, rimasto sulla barca.
“Si Grace”, la risposta le giunse direttamente nel lato destro del cervello, chiara e limpida, come se Chuck fosse lì, a un metro da lei.
“Ci siamo, direi... cosa segnalano gli strumenti?”
“Una vasta massa non identificata, proprio sotto di te... e anche davanti... e ai tuoi lati... non è molto chiaro Capo, lo scanner mi dà tua posizione, ma tutto il resto è come... offuscato, e in continuo cambiamento... Si, direi che ci siamo!”
Grace scese leggermente più in profondità, entrando nel cuore della zona scura, con cautela, ma senza esitazioni.
E il Kraken aprì il suo occhio, fissandola.

Chuck venne letteralmente spinto indietro, mentre il suo cervello parve esplodere. Andò a sbattere contro la parete della cabina comandi, e cadde a terra, portando le mani alla testa e stringendo i denti, in una morsa di dolore lancinante, dopo che quello che sembrava il grido di morte di mille gabbiani, gli aveva devastato per lunghi istanti la mente.
Gli ci vollero una decina di minuti per riprendersi, rimettersi in piedi, con la testa che ancora ronzava, e un principio di emicrania in arrivo. Corse fuori dalla cabina, percorrendo velocemente il ponte, e scrutando l’Oceano, mentre la preoccupazione iniziava a trasformarsi in un senso di panico. Non vedeva nulla, il mare era calmo e piatto come una tavola. Anche il vento era caduto, riducendosi a una brezza sottile e sibilante.
Non sarebbero dovuti andare là da soli, pensò, era stata una follia. Nonostante i poteri, e la determinazione di Grace, quello era un problema troppo grande per affrontarlo così, quasi incoscientemente. Non sentiva più i pensieri dell’Ondina, e mentre i minuti passavano si preparò al peggio.
Poi, un rumore alla sua destra lo scosse dal torpore, e Chuck si voltò, in tempo per vedere una forma elegante e leggera volare fuori dall’acqua, e atterrare delicatamente, rannicchiandosi sul ponte. Un sospiro di sollievo gli uscì dalle labbra.
- Grazie al cielo... - mormorò.
Grace si alzò in piedi, avvicinandosi al giovane, con l’acqua che le scorreva lungo il corpo, bagnando il ponte, e il viso sconvolto da un’espressione mista di orrore e risoluzione.
- L’ho visto... - disse, quasi parlando a se stessa, quando fu a un paio di metri da lui. Chuck la fissava, muto.
Gracelyn si tirò indietro i lunghi capelli castani, e volse lo sguardo verso la superficie dell’Oceano - ...è peggio di quanto pensassimo, Chuck...
L’aborigeno annuì, continuando a rimanere in silenzio.
Grace tornò a fissarlo - Fai rotta verso la costa – disse - io... devo... ho bisogno di parlarne con Gabe.
E mentre Chuck si dirigeva verso la cabina comandi, Grace sedette sul ponte, allungò le gambe rilassando i muscoli, e la mente. Chiuse gli occhi, e aprì il passaggio dimensionale per la Spiaggia Bianca, dove avrebbe incontrato il suo Angelo.

7 commenti:

  1. Questo in teoria dovrebbe essere un capitolo di transizione, che lega la presentazione dei personaggi alla storia stessa... ma è così bello da leggere! Mi sembrava di sentire sensazioni della protagonista, che è tornata a 'casa' dopo tanto tempo, e assapora ogni millilitro d'Oceano, come se volesse farne una scorta da portare via nella sua nuova vita. Non rimpiange di aver lasciato il suo habitat naturale, ma la lontananza le fa in un certo senso apprezzare di più anche l'ossigeno che le entra nelle arterie in modo completamente diverso, anche in una situazione drammatica come quella che si prepara ad affrontare. Solo un Amore grande come quello di Gabe, è in grado di non farle sentire la mancanza di Casa. Una casa che, insieme a lui, difenderà anche a costo della vita, purchè non venga distrutta.

    Ti Amo
    Samy

    RispondiElimina
  2. beh......ho fatto la mia cazzata quotidiana... nn è la prima nè l'ultima...bastava ke scendessi + in profondità..invece di fermarmi ad ascoltare The Who..e poi risalire a leggere...vabbuò... sorry Robi:-)) ariciao

    RispondiElimina
  3. complimenti!!!
    ti ho perso di vista per qualche tempo e scopro con piacere che fai e sei diventato qualcosa di veramente speciale.
    c'era da aspettarselo, in effetti.
    buon proseguimento
    R.

    RispondiElimina
  4. Di norma non rispondo agli anonimi, quindi non posso ringraziarti per le belle parole, se non ti fai riconoscere.

    Roberto

    RispondiElimina
  5. "Qualcosa di veramente speciale" si nasce, non si diventa. E che lui lo sia, lo dimostra il fatto che "dopo qualche tempo (che potrebbero essere anche vent'anni, visto che non lo hai specificato)" sei andata/o su google a digitare il suo nome.

    RispondiElimina
  6. semplice curiosità di scoprire che fine hanno fatto alcuni compagni di viaggio, niente di più.
    magari fra altri vent'anni lo rifaccio.
    statemi bene

    RispondiElimina
  7. Ehhhh! Ma quanto siamo permalosi!!! Lo hai fatto tu come lo hanno fatto altri, perchè Robi è uno che lascia il segno... e chi ha avuto la fortuna di averlo conosciuto non lo dimentica. Ma poi toglimi una curiosità... per semplice curiosità di vedere i compagni di viaggio che fine hanno fatto... perchè in 24 ore sei tornata 78 volte? Mi pare di capire che hai salvato il link di questo post, visto che dopo la prima volta, ci arrivi direttamente, senza passare da nessun altro sito, google compreso. A proposito... visto che hai dato un occhiata a tutti i blog, sito, recensione del libro ecc., ti faccio notare che hai saltato "California Living", quello in cui ci mettiamo le cose scritte insieme. :-) Anyway... io sono Samanta, tu chi sei? Puoi tornare ogni volta che vuoi, ma lasciare saluti senza firmarsi dopo tanti anni (mi pare d'intendere che ci ho preso, quando ho detto 20 anni) è senza senso e fuori luogo, e mi fermo qui che è meglio :P
    Good bye!!!

    RispondiElimina