La mareggiata. E’ arrivata. Il mare increspato s’inarca ad intervalli regolari, il cronometro delle correnti perfettamente sincronizzato, e già riesco ad intravedere, fra il bagnasciuga e l’orizzonte, una successione di linee parallele, che attraversano il campo visivo. Quelle si che saranno onde gigantesche, Gesù!
Mi alzo in piedi, abbraccio la longboard, appoggiata al mio fianco. Accarezzo la liscia superficie ancora calda di paraffina e attrito, e rimango così un momento, recitando mentalmente una preghiera ai Kahuna e a Jan & Dean. Poi scatto verso l’acqua.
Facendo forza sui muscoli delle gambe, cercando di rimanere indifferente allo schianto dei cavalloni, gli spruzzi, e la schiuma dentro cui annaspo fino alle cosce, mantengo la tavola in direzione sulla superficie dell’acqua, finché il moto delle onde non mi avverte che è ora di sollevare i piedi dal fondale, e stendermi sull’asse.
E’ il primo accenno di volo, quel momento in cui sali sull'asse e, con le mani batti pigramente il mare agitato, affondando quel che basta per mantenere la direzione.
Avanti, ancora un po’, e le onde si alzano sopra di te, minacciose e crudelmente sorridenti, la cima frastagliata e biancastra, poi s’ingolfano e, pietosamente, passano sotto la tavola, sollevandone leggermente il nose, schernendo il tail, ma intanto facendoti guadagnare qualche metro.
Di metro in metro, infine, sei dall’altra parte dell’onda, e puoi virare, facendo leva con il braccio a mo’ di timone. Il contatto con l’acqua, a quel punto, è simbiotico. E ti metti a sedere, cavalcioni, sulla longboard.
E’ una vista mozzafiato, quella che si presenta al surfer, quando quest’ultima operazione preliminare è compiuta, e non resta che attendere l’onda. Indescrivibile. Indimenticabile.
Poi, senza vederla, ma sentendone la vibrazione che attraversa le correnti, e scuote la base della tavola, l’onda arriva. Trattengo il respiro, per non disturbare l’equilibrio perfetto che si è creato fra me e l’Oceano. Aspetto il momento giusto.
Quando la prima, leggera, carezza dell’onda, amichevolmente ticchetta sul nose della tavola, mi rannicchio, e afferro i lati dell’asse con le mani. Senza tempo per riflettere e, nel caso, fermarsi, l’onda mi solleva. Chiudo gli occhi, e con un colpo di reni salto sopra la longboard, allargando le braccia e lanciando un grido silenzioso.
Mi alzo in piedi, abbraccio la longboard, appoggiata al mio fianco. Accarezzo la liscia superficie ancora calda di paraffina e attrito, e rimango così un momento, recitando mentalmente una preghiera ai Kahuna e a Jan & Dean. Poi scatto verso l’acqua.
Facendo forza sui muscoli delle gambe, cercando di rimanere indifferente allo schianto dei cavalloni, gli spruzzi, e la schiuma dentro cui annaspo fino alle cosce, mantengo la tavola in direzione sulla superficie dell’acqua, finché il moto delle onde non mi avverte che è ora di sollevare i piedi dal fondale, e stendermi sull’asse.
E’ il primo accenno di volo, quel momento in cui sali sull'asse e, con le mani batti pigramente il mare agitato, affondando quel che basta per mantenere la direzione.
Avanti, ancora un po’, e le onde si alzano sopra di te, minacciose e crudelmente sorridenti, la cima frastagliata e biancastra, poi s’ingolfano e, pietosamente, passano sotto la tavola, sollevandone leggermente il nose, schernendo il tail, ma intanto facendoti guadagnare qualche metro.
Di metro in metro, infine, sei dall’altra parte dell’onda, e puoi virare, facendo leva con il braccio a mo’ di timone. Il contatto con l’acqua, a quel punto, è simbiotico. E ti metti a sedere, cavalcioni, sulla longboard.
E’ una vista mozzafiato, quella che si presenta al surfer, quando quest’ultima operazione preliminare è compiuta, e non resta che attendere l’onda. Indescrivibile. Indimenticabile.
Poi, senza vederla, ma sentendone la vibrazione che attraversa le correnti, e scuote la base della tavola, l’onda arriva. Trattengo il respiro, per non disturbare l’equilibrio perfetto che si è creato fra me e l’Oceano. Aspetto il momento giusto.
Quando la prima, leggera, carezza dell’onda, amichevolmente ticchetta sul nose della tavola, mi rannicchio, e afferro i lati dell’asse con le mani. Senza tempo per riflettere e, nel caso, fermarsi, l’onda mi solleva. Chiudo gli occhi, e con un colpo di reni salto sopra la longboard, allargando le braccia e lanciando un grido silenzioso.
Quello che è venuto prima era solo il Preludio.
Questo è il Surf.
Si ma quello nell'ultima foto non fa surf ... sta cadendo culo all'acqua. eheheh.
RispondiEliminaP.S
Devi mettere un traduttore dal napoletano al sardo, sennò non riesco a votare il post. :lol
il preludio...poi il surf... nn oso immaginare dopo Cosa ci sarà... anzi si: ci saremo NOI
RispondiEliminaTi Amo.PUNTO.
Samy
Giovàààààààààà il sardo nn lo conosco... ma cmq te lo traduco in italianno jà :lol
RispondiEliminaallora...
Pariante=molto divertente;bell jà=veramente bello;maròòò= oTTio(=oddio); o fridd ncuoll=la pelle d'oca... spero di aver reso l'idea jà :lol
Giò-
RispondiEliminaSe vedi l'onda lo sta già insidiando fra la tavola e il bermuda!!!
Amore-
RispondiEliminaQuesto era il Preludio, prima che l'Onda arrivasse... quello che è venuto dopo siamo NOI.
Ti Amo. PUNTO
Robi
Translation-
RispondiEliminaE per fortuna non si vede l'ultima voce, che è 'par a waller'!!!
:lol
fridd ncuoll ... pensavo si legasse alla situazione imbarazzante in cui si trova il surfer dell'ultima foto. eheheheh.
RispondiEliminaGiòòòòòòò letteralmente vuol dire, "il freddo addosso" cioè... na cosa ke mette i brividi... quindi è legato anke a quello ke hai detto tu jà :hoho
RispondiEliminax quanto riguarda la Translation... traduco pure il tasto ke nn si vede jà :shy
par a waller= sembri lo scroto :shy:-x
(Questo tasto è stato fortemente voluto da Lord Rutwen:mmm io nn c'entro:mmm)
:hoho
ps.
RispondiEliminaa te eh, non a Giovanni:urlo:hoho
Ti Amo.PUNTO
RispondiEliminaSamy
'mme scem marò!
RispondiEliminaTutti e due, voi, eh, mica io!!!
:hoho
Ti Amo. PUNTO
allora se gli scemisono + di uno, devi scrivere 'mm so sciem marò!
RispondiEliminaTi vuoi unire allo nostra scemità?:shy
:hoho
Ti Amo.PUNTO
Samy
roby ma ti ricordi quel video fantastico di quella onda gigantesca... mi sembra che il surfer si chiama laird hamilton... che cosa figa, che sensazione di libertà poi....
RispondiEliminaLaird hamilton, certo, il più grande Surfer contemporaneo... e quel video testimonia un record: quell'onda è la più grande mai surfata.
RispondiEliminaAmore-
RispondiEliminaMa io ci son già, nella scemità!!! Anzi, ne sono il Lord :lol
Ti Amo. PUNTO
Robi
ciao.....devo ancora capire come unziona,ma ci sono....
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