15/06/10

Magic Waters III

Magic Waters 3 Robi

La prima sera

- Ci sarà qualcosa della mia taglia... e non confezionato nel Diciassettesimo secolo, qui dentro? - si chiese Kim, mentre apriva le porte della cabina, anzi stanza armadio, posta sulla parete nord della camera.

Con sollievo scoprì che i capi di abbigliamento conservati lì dentro, non solo erano attuali e di gran classe, ma provandone alcuni, le calzavano a pennello.

Dopo un'accurata scelta, e rimirandosi più volte nello specchio, scelse un abitino nero al ginocchio, con le maniche lunghe. Elegante e seducente, in quanto la già generosa scollatura era messa ancor più in risalto da laccetti legati sotto al seno. Completava l'abbigliamento un paio di sandali in tinta, col tacco non molto alto e cinghie strette intorno alla caviglia, decorati con strasse.

Scendendo lungo la scala che portava al salone d'ingresso, notò con una punta di compiacimento lo sguardo ammirato che Max le lanciò, interrompendo per un attimo la conversazione in atto con Don Melville. I due uomini la stavano aspettando, e una volta giunta in fondo allo scalone, il padrone di casa fece loro strada verso la sala da pranzo.


- Atlantide mi ha sempre affascinato, fin da quando ero piccolo. Ho scelto di fare l'archeologo praticamente per ritrovarne i resti – Max, come sempre, quando parlava della sua passione principale, usava un tono eccitato ed entusiasta.

- Ma Atlantide non è una leggenda? - lo interruppe Kim – Io lavoro per un'organizzazione che studia mari e oceani in tutto il mondo, eppure non abbiamo mai rilevato tracce e testimonianze della sua esistenza.

Don Melville seguiva con interesse la conversazione fra i due giovani, intervenendo di tanto in tanto per domandare se le portate fossero di loro gusto, e l'ospitalità del castello di loro gradimento. Gli ospiti lo rassicuravano, dichiarando ripetutamente come nemmeno in un Grand Hotel potessero desiderare un trattamento migliore.

- Chi cerca trova – affermò Max – Sicuramente voi siete più concentrati nel salvare specie marine a rischio, e i mari dall'inquinamento, che a cercare reperti archeologici sommersi.

- Che cosa l'ha portata in Messico, mio giovane amico? - chiese Don Melville, con un tono che poteva sembrare indagatorio, ma che i due ospiti non notarono.

- Sto seguendo le indicazioni di certi documenti di cui la mia Università è venuta in possesso.

- Ma come? - esclamò Kim, interessata - Atlantide sarebbe sprofondata nell'Oceano Pacifico, quindi? Non era quello Atlantico, visto anche il nome?

Don Melville concentrò ancora di più la sua attenzione sulla risposta che Max avrebbe dato.

- Il mito la pone nell'Atlantico, infatti – spiegò il giovane archeologo – ma anni di studi, e una notevole quantità di documenti che ho raccolto parrebbero non suffragare questa ipotesi. D'altra parte c'è anche chi teorizza il Continente Scomparso sia sotto le sabbie del Sahara, avete letto il romanzo, no? Gli studi più recenti hanno portato a escludere le altre ipotesi, e le mie ricerche personali lasciano supporre Atlantide sia da qualche parte nell'Oceano Pacifico, in un'area prossima a Baja California.

- Interessante... – commentò Kim, aggiustandosi una ciocca di capelli che le era scivolata sulla fronte. Max seguì quel movimento con uno sguardo affascinato. Quella ragazza aveva un non so che di misteriosamente sensuale. Una sorta di magnetismo che riusciva ad alzargli il livello di testosterone anche solo con un gesto della mano come quello appena compiuto.

- Scusatemi, miei giovani ospiti – disse Don Melville sorridendo, e alzandosi – vi lascio alle vostre conversazioni. Rimanete pure quanto volete, il camino vi terrà compagnia restando acceso tutta la notte. Io sento il bisogno di ritirarmi, purtroppo l'età ha le sue esigenze - concluse sorridendo, e accarezzando la barba candida, per rafforzare la sua affermazione.

Max e Kim si alzarono a loro volta, salutando il padrone di casa e dandogli la buonanotte.

- E ora dimmi qualcosa di te... - fu l'ultima frase che Don Melville udì pronunciata da Max, mentre usciva dalla sala.


La luce ambrata di una lampada illuminava debolmente lo scrittoio della camera da letto del distinto signore messicano. Don Melville, già in abbigliamento da notte, con un'elegante vestaglia di seta, era chino su un lato del mobile, e armeggiava con una serratura nascosta sotto il piano. Aprì uno scomparto segreto, e ne estrasse un piccolo libro rilegato in cuoio dall'aspetto antico. Poggiatolo sullo scrittoio, lo aprì ad una pagina indicata da un segnalibro d'argento, circa a metà del volume.

- Arcani sentieri tra Vie d'Uragano,

percorsi da Naviganti in Mari diversi,

si uniscono nella Strada del Re,

tra fiumi di scintille dorate

alla ricerca del Ritorno del Tempo... - mormorava il Don rileggendo il testo che studiava attentamente. Sollevò lo sguardo, seguendo una scia di pensieri – Che siano...

La frase fu interrotta a metà dall'intenso bagliore improvviso di un fulmine, a cui seguì il buio totale.

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