24/12/10

Un Racconto di Natale

 

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Stava scendendo la sera e il freddo aumentava, Ben Dammon malediceva quel luogo e le ragioni per cui si trovava lì. D'altra parte il business va svolto con la massima accuratezza, e il Natale è uno dei più grandi business. Ben aveva in mente di lanciare una serie di giocattoli ispirati alla Festa della Natività con cui riempire gli scaffali della catena di negozi che possedeva e, fedele al suo spirito imprenditoriale voleva che quei giocatoli riproducessero con la massima fedeltà i posti dove era nata la leggenda di Babbo Natale. Per questo si era recato personalmente in Lapponia, alla ricerca dell'atmosfera, degli scenari, dei colori e dei profumi che voleva riprodurre in serie. Per questo aveva iniziato a percorrere i sentieri più sperduti, nelle immense distese coperte di neve del Nord Europa, finendo per perdersi in mezzo ad un fitto bosco di abeti, da qualche parte ad est di Rovaniemi.

A peggiorare le cose, un vento gelido iniziava a portare nuvole di neve ghiacciata sempre più fitte, finché Dammon si ritrovò proprio nel mezzo di una tormenta. Cercò alla svelta riparo, trovandolo in una formazione rocciosa capitata quasi provvidenzialmente, al centro della quale si apriva una piccola intercapedine dove il vento e la neve non arrivavano. Si infilò nello stretto pertugio, tirando immediatamente fuori dallo zaino pieno di accessori per sopravvivere a escursioni in quelle latitudini, la coperta isolante, con la quale si avvolse senza lasciare scoperto nemmeno un lembo di pelle. Man mano che il calore tornava a scorrergli nelle vene, Ben raccolse i pensieri. Doveva rimanere lì finché la tormenta non fosse cessata, pena una morte terribile per assideramento in mezzo a un nulla bianco. Con questi pensieri e il caldo della coperta a proteggerlo, scivolò pian piano nel sonno.

Si svegliò dopo un tempo indefinibile, con il buio e un odore di zucchero caramellato a circondarlo. Pensò di essere ancora immerso nei sogni, o che tutto quel freddo stesse iniziando a sconvolgergli i sensi e la mente. Tutto quel pensare a Babbo Natale nelle sue terre gli doveva aver procurato le allucinazioni, non poteva certo trovarsi a due passi dal rifugio di quell'odioso vecchio che si divertiva a vestirsi come un pagliaccio, pieno di caramelle e dolciumi da portare in dono ai bambini. Dato che il profumo non accennava a sparire, Ben cercò una spiegazione più realistica, finendo per convincersi di essere capitato presso qualche baita o rifugio dove qualcuna stava preparando dei dolci. Quel pensiero gli ridiede forza: poteva cercare aiuto, e capire dove fosse finito.

Uscì in fretta dalla grotta, voltandosi a destra e sinistra per cercare l'origine del profumo. La tempesta era terminata, intorno a lui una distesa di neve da cui spuntavano come silenziose sentinelle i tronchi degli abeti.

- Finalmente ti sei svegliato!

La voce era giovane e squillante, con un tono leggermente beffardo, e proveniva da dietro di lui. Ben si voltò, trovandosi faccia a faccia con un ragazzo alto e biondo, con uno sguardo freddo che gelava più della neve, e contrastava col sorriso perfido che gli piegava le labbra.

- E tu chi sei? - esclamò Ben trasalendo - Abiti da queste parti?

- Che ti importa chi sono? hai bisogno di aiuto, o mi sbaglio?

Ben si rincuorò - Si, mi sono perso. Puoi riportarmi sulla strada per Rovaniemi?

- Il paese di Babbo Natale? - rispose il giovane, ghignando - Certo che posso. Se vuoi ti presento a tutti gli elfi e le fate della Lapponia.

- Da come sei vestito - disse Ben, che non aveva apprezzato quella battuta sarcastica - potresti esserlo tu, un elfo! - infatti il ragazzo indossava una calzamaglia verde con degli stivaletti a punta che ricordavano le tipiche calzature dei personaggi delle fiabe, una casacca di lana pesante e un cappello con un sonaglino sulla cima, che tintinnava ad ogni movimento della testa. Quell'abbigliamento era sicuramente dovuto a qualche celebrazione folkloristica in tema natalizio che si stava svolgendo da quelle parti, pensò Ben.

- No, non sono un elfo - rispose il ragazzo - ma qualcosa di molto meglio.

- Si, noi siamo decisamente meglio di quei miserabili esseri! - confermò una voce femminile spuntata dal nulla.

Ben si voltò dalla parte da cui era venuta la voce, e vide una ragazza, anche lei di statura sopra la media e coi capelli biondi, che si avvicinava. I suoi occhi erano ancora più glaciali di quelli del giovane, e il sorriso ancora più maligno. L'abbigliamento era quello di una principessa delle nevi: una lunga tunica e un mantello di pelliccia bianco col cappuccio.

- Ma che maleducati, ancora non ci siamo presentati - continuò la ragazza - Io sono Bestla, e questo è Geirrod - concluse indicando il compagno.

- Piacere, Ben Dammon. E adesso, Bestla e Geirrod, siate così gentili da accompagnarmi sulla strada per tornare in città.

- Quanta fretta! - esclamò Geirrod - Non sei qui per conoscere la casa di Babbo Natale? Seguici, ti ci portiamo noi.

E senza attendere una risposta, seguito dalla ragazza, si incamminò nel fitto della foresta. Ben, non avendo alternative, li seguì.

Dopo alcuni minuti di marcia in mezzo agli alberi, sbucarono in un'ampia radura, illuminata dalle luci che provenivano da un gruppo di casette in legno poste a semicerchio. I camini fumavano, spargendo nell'aria quell'odore di caramello che si sentiva a centinaia di metri di distanza.

- Vieni, ti facciamo vedere una cosa - disse Bestla, indicando la casa più grande, proprio al centro della radura.

Si avvicinarono e si misero a guardare l'interno dalle grandi finestre. Ben trasecolò: l'interno sembrava in tutto e per tutto una fabbrica, solo piena di colori luminosi e dall'aspetto allegro. Un numero imprecisato di piccole figure vivacissime correva di qua e di là, portando ceste, borse, scatole tutte piene di giocattoli e dolci, prodotti dai macchinari dall'aspetto buffo e che sembravano essi stessi dei giocattoli.

- Ma che fanno tutti quei bambini? - chiese Ben, con gli occhi spalancati dalla sorpresa.

- Bambini? - ridacchiò Geirrod, imitato dalla ragazza al suo fianco - Guarda meglio, amico mio. Quello - e indicò un tipo dai capelli scurissimi che, seduto su uno sgabello a molla, inscatolava nastri di caramelle multicolori - ha 143 anni! Quell'altro dietro di lui addirittura 307! La donna che porta il bacile pieno di cioccolata calda, ne ha 265!

- Eh? - mormorò Ben, che non capiva più nulla - Mi state prendendo in giro?

- Niente affatto - rispose Bestla - sono gli elfi che volevi conoscere.

- Chi siete voi? - esclamò l'uomo, che iniziava a sentire un brivido gelido percorrergli la schiena - Cosa volete da me?

- Vogliamo aiutarti, te l'ho detto - disse il ragazzo - Non volevi diventare come Babbo Natale? Costruire giocattoli e darli ai marmocchi? Finché ci sarà lui, nessuno vorrà i tuoi giocattoli. I suoi sono gratis, non potrai guadagnarci niente. Devi farlo fuori.

- Fare fuori Babbo Natale!? E come? Io... sono solo un imprenditore... non posso competere con lui.

- Eppure è il momento giusto per dargli il colpo di grazia - riprese Bestla - ormai quasi nessuno crede più in lui. Se riesci a impedirgli di portare doni questo Natale, la poca fede rimasta in lui morirà del tutto.

Ben scosse la testa - Ancora non capisco se mi stiate prendendo in giro... comunque, come potrei impedire a Babbo Natale di fare il... Babbo Natale?

- Potremmo aiutarti noi. A questo punto tanto vale ci presentiamo in maniera completa: siamo Geirrod e Bestla, due dei Giganti di Ghiaccio figli di Ymir. Abbiamo poteri grandissimi... ma non possiamo usarli conto di lui, se non attraverso qualcuno che lo odi quanto noi, e sia motivato a tal punto da voler prendere il suo posto.

- Io odio il Natale, e Babbo Natale in particolare. Lo sopporto soltanto perché in quel periodo dell'anno vendo molti giocattoli... a gente che ormai, come avete detto voi, non crede più nella sua esistenza. Prendere il suo posto? Che ci guadagnerei?

Bestla sorrise, voltando lo sguardo verso la casetta al centro della radura - Immagina - disse - una vera fabbrica, che produce veri giocattoli, con operai dei veri bambini pagati con qualche monetina o un po' di caramelle. Chi la gestisse guadagnerebbe una fortuna... e potresti essere tu!

Lo sguardo di Ben si fece improvvisamente attento - Vai avanti - mormorò.

- Per rendere inoffensivo Babbo Natale ti daremo noi i poteri. Tutto quello che dovrai fare è lanciargli addosso una ragnatela di ghiaccio... a quel punto le case, la fabbrica, gli elfi, lo Spirito del Natale stesso diventeranno ghiaccio, e nessuno costruirà più i giocattoli... tranne te!

- Ragnatela di ghiaccio? E come faccio a lanciargli contro una ragnatela di ghiaccio?

- Con queste parole - disse Bestla, avvicinandosi a lui e mormorandogli all'orecchio una formula vecchia di millenni.

Ben rimase per qualche secondo in silenzio, assorbendo tutte le in formazioni che quelle ore gli avevano fornito. Ancora non capiva se tutto fosse vero, oppure in qualche modo quei due ragazzi stessero giocando con lui. Ma non aveva niente da perdere, sempre che Babbo Natale esistesse veramente, e lui fosse stato in grado di incontrarlo.

Quasi a rispondere a quella sua muta domanda, una figura barbuta vestita di rosso, a bordo di una veloce slitta trainata da renne, comparve nella radura, dirigendosi svelta all'interno della fabbrica di giocattoli. L'espressione di Ben assunse tutti i toni della sorpresa: quello era Babbo Natale, senza alcun dubbio!

- Che cosa volete in cambio? - dichiarò, ormai convinto.

- Nulla - rispose Geirrod - A noi basta che togli Babbo Natale dalla circolazione. Finché ci sarà qualcuno come lui a tenere vivo lo Spirito del Natale, siamo impotenti. Due esseri con la forza di muovere i mondi, che non possono usarla! Tu congeli Babbo Natale, noi ti diamo una fabbrica come la sua, e anche le sue sembianze. In questo modo potrai trovare quanti marmocchi vuoi disposti a lavorare per te! Affare fatto?

- Affare fatto - rispose Ben senza esitare. Non aveva nulla da perdere, e montagne di soldi da guadagnare.


Quell'anno il Natale non sembrava lo stesso. I bambini continuavano a trovare regali sotto gli alberi addobbati e pieni di lucine colorate, ma era proprio lo Spirito della Festa che pareva in qualche modo sbiadito. Anche Babbo Natale non sembrava più lui, almeno a sentire quei fortunati fanciulli che erano riusciti a scorgerlo mentre lasciava i doni la notte di Natale.

Quei regali erano costosi, sofisticati, ultratecnologici, ma avevano lo stesso sapore di un dolce troppo zuccherato: un paio di morsi e la sensazione di bruciore alla gola prendeva il sopravvento, e il dolce rimaneva sul tavolo appena mangiucchiato.

L'attività frenetica all'interno della fabbrica degli elfi era la stessa di sempre, ma quell'anno non erano gli elfi a darsi da fare intorno alle macchine dalle forme strane e buffe, sostituite da attrezzature all'avanguardia, piene di pulsanti e spie lampeggianti, schermi di computer e cavi da ogni parte. Babbo Natale non portava più la casacca rossa con la pelliccia candida ma, comodamente adagiato su una poltrona, si ingozzava di dolci che uscivano dalla produzione, calcolando contemporaneamente i proventi derivanti dalle vendite dei giocattoli sfornati da quella fabbrica. Era stata l'idea del secolo quella di sostituirsi a Babbo Natale, adescando con promesse di compensi nella realtà ridicoli quella marmaglia di mocciosi ai quali urlava ordini e imposizioni perché si dessero ancora più da fare, aumentando la produzione. D'altra parte li aveva reclutati nei posti più poveri del mondo, e per loro anche soltanto una caramella al giorno costitutiva uno stipendio da re. Tutto il resto dei fantastici proventi che venivano dalla vendita dei costosi giocattoli prodotti, destinati ai bambini delle parti più ricche del pianeta, finivano in tasca a lui, Ben Dammon,il falso Babbo Natale.

Gli elfi che un tempo consideravano quella fabbrica la loro casa, adesso spiavano dalle finestre tutta l'attività frenetica e l'atmosfera di fredda crudeltà - ai loro occhi incomprensibile - con cui venivano trattati i bambini da quel nuovo Babbo Natale che, a sentire lui, aveva preso il posto di quello vecchio con la piena benedizione di quest'ultimo, che aveva lasciato il posto per godersi una meritata pensione dopo tanti secoli di lavoro per nulla retribuito e faticosissimo.

Il ghiaccio spesso e duro come acciaio sotto il quale era sepolto, intrappolava anche i pensieri di Babbo Natale, quello vero, che riusciva a sentire tutta l'angoscia con cui quello che succedeva dentro la sua fabbrica veniva recepito dagli elfi, ma non poteva rispondere loro, rassicurarli, dare speranza. La tomba di ghiaccio in cui Dammon, con l'aiuto dei due Giganti Bestla e Geirrod, l'aveva sepolto era troppo ermetica anche per i suoi poteri, ulteriormente indeboliti dallo Spirito del Natale che, lentamente ma inesorabilmente andava sparendo.


La slitta correva veloce sulla superficie del lago ghiacciato, trainata da sei coppie di snelle e giovani renne. La coppia di sposi che la guidava voleva superare le terre desolate prima che facesse notte. Lei era prossima a dare alla luce il loro primo figlio, e l'agitazione che dipingeva ogni lineamento sul volto di Lui veniva amplificata dal timore che, da un momento all'altro, la moglie potesse iniziare il travaglio, e fossero costretti a fermarsi in quel deserto di ghiaccio.

Spinta dalla forza dei muscoli di quelle vigorose renne, la slitta sfrecciava quasi volando, macinando metri su metri, e avvicinandosi all'altra sponda del lago. Improvvisamente uno scarto seguito da un rumore come di rami spezzati, e il pattino sinistro sprofondò nel ghiaccio, aprendo uno squarcio nella superficie.

- Ferme! - esclamò Lui, rivolto agli animali, tirando le redini.

Lei si aggrappò al suo braccio, terrorizzata all'idea che un qualunque pericolo minacciasse il bambino che portava in grembo.

Le renne, dopo qualche istante di agitazione, si calmarono improvvisamente, iniziando a fissare la crepa che si era aperta nel ghiaccio, dalla quale spuntava qualcosa di rosso.

- Lo vedi anche tu? - chiese Lui, indicando quel punto scarlatto che spiccava nell'immensità bianca dei ghiacci.

- Si, lo vedo. Ma... cos'è?

Lentamente la cosa color fuoco vivo si fece più grande, uscendo da sotto la superficie del lago ghiacciato, fino a formare una figura massiccia, che sbuffava e si scuoteva di dosso polvere bianca gelata e acqua a temperatura prossima allo zero.

- Vi ringrazio, amici. Vi ho sentiti arrivare, vi stavo aspettando!

- Non può essere! - esclamò Lei, fissandolo - Tu sembri proprio...

- Babbo Natale, al vostro servizio! - rispose l'uomo con la barba bianca e vestito di rosso - Circostanze che ora sarebbe troppo lungo spiegare mi hanno intrappolato laggiù - indicò il punto dove, fino a qualche minuto prima giaceva - ma grazie al vostro aiuto ora sono di nuovo libero.

- Ci fa piacere - intervenne Lei, con un'espressione leggermente sofferente sul viso - Però dobbiamo far presto... la notte sta già scendendo... - disse, osservando la prima Stella che brillava già nel cielo tinto dei colori del crepuscolo - ...e sento che ora il mio bambino ha fretta di nascere...

Presi da un'improvvisa agitazione, i due uomini si diedero da fare per liberare la slitta dal ghiaccio e, rimessala in direzione, con Babbo Natale alla guida, partirono subito per raggiungere un posto riparato, dove il bambino potesse venire alla luce.


- Qui sarete al sicuro - affermò Babbo Natale, le mani sui fianchi, e un sorriso che gli illuminava il volto, seminascosto dalla folta barba candida.

Li aveva portati in una grotta non molto lontano dal suo villaggio, dove le donne degli elfi già si stavano dando da fare per consentire a Lei di dare alla luce il suo bambino il più agevolmente possibile.

- Merrydyn sta portando le fasce, Gilgynne ha sistemato la culla... manca soltanto un po' di fuoco - disse Babbo Natale osservando la scena.

Senza aggiungere altro, si voltò, uscì dalla grotta, salì sulla slitta e sfrecciò via, in direzione della sua fabbrica.

Gli elfi riuniti all'esterno, che ancora spiavano dalle finestre quello che succedeva dentro, si voltarono al suo arrivo. Lo stavano aspettando, e limitarono le espressioni di gioia e di festa al minimo, perché il falso Babbo Natale non si accorgesse di nulla.

Il vero Babbo Natale sorrise a quel silenzioso bentornato. Poi si chinò e raccolse un pugno di neve, che sagomò a forma di sfera mano a mano che si avvicinava alla porta della fabbrica. Una volta di fronte la spalancò, e gettò dentro la palla di neve, che iniziò a brillare di tutti i colori dell'aurora boreale, poi divenne bianca come una stella appena nata, infine esplose in miliardi di scintille che lampeggiavano come fiocchi di neve attraversati dalla luce. Una luce che riempì ogni angolo della fabbrica, accecante, calda, piena di energia.

Come per magia la fabbrica iniziò a mutare, i macchinari moderni che la riempivano si trasformavano in quelli di un tempo, dalle forme buffe, simili a giocattoli. Anche l'aria sembrava riempirsi di calore, che sostituiva la fredda atmosfera di produttività in cui l'edificio sembrava immerso. Lo Spirito del Natale tornava a dominare quel luogo.

Quando la luce iniziò a diminuire, e la fabbrica di Babbo Natale tornò ad assumere le sembianze che aveva sempre avuto, ci fu un 'Urrà!' generale, urlato dalle bocche degli elfi, dei bambini che finalmente si sentivano liberi e pieni di una grazia mai provata, finanche da quella di Babbo Natale stesso che, per una volta, si lasciava prendere dall'euforia dimenticando il proprio consueto contegno.

Sulla poltrona in cui fino a poco prima sedeva Ben Dammon, coi suoi dolci e i suoi bilanci e proventi, giaceva un tronco rinsecchito dalla forma vagamente umana, i cui lineamenti parevano distorti in un'espressione di estrema sorpresa.

- Ora svelti, amici elfi! - disse Babbo Natale, guardando l'orologio e infilando nel suo sacco il tronco rinsecchito - Caricate la slitta, che il primo bambino a cui devo portare doni sta già nascendo!

Ubbidendo allegramente a quell'incitazione, gli elfi, seguiti dai bambini liberati, iniziarono a darsi da fare intorno alla slitta del vecchio.


- Maledizione! - sbuffò Geirrod, colpendo col palmo della mano un blocco di ghiaccio pendente dai rami di un albero - Anche stavolta ci è andata male!

- Si, stavolta c'eravamo quasi riusciti - commentò Bestla, scuotendo il capo - Quel tipo, Dammon, sembrava davvero avercela fatta, e lo Spirito del Natale prossimo alla totale scomparsa... ma la Coppia di Prescelti ci ha rovinato la festa!

I due Giganti di Ghiaccio, riassunte le loro sembianze demoniache, osservavano rassegnati la scena che si stava svolgendo poco lontano da loro: una processione di elfi e bambini, guidata da Babbo Natale, che si dirigeva verso la grotta dove, pochi giorni prima, avevano stretto il loro patto con Ben Dammon, e che adesso stava per diventare il luogo di una Natività.


Il gruppo allegro e gioioso si avvicinava alla grotta, con Babbo Natale in testa, che cantava una canzone piena di neve e speranza. Portava in mano uno scrigno dorato, e accanto a lui due elfi avevano similmente tra le mani dei contenitori preziosi. Dietro di loro veniva un esercito di nuovi elfi: i bambini che fino a poco prima lavoravano come schiavi nella fabbrica del falso Babbo Natale, e che adesso erano stati trasformati, come tutti gli elfi che li avevano preceduti, in Spiriti del Bene.

La processione arrivò alla grotta e si fermò all'esterno, formando un semicerchio che la proteggeva dal freddo e dalle tenebre. Babbo Natale e i due elfi con gli scrigni entrarono. Un sorriso si dipinse sul volto del vecchio, e guardando bene si sarebbe potuta vedere una lacrima bagnargli la guancia.

- Benvenuto, piccolo Re - mormorò, fissando il bambino appena nato, avvolto nelle fasce in braccio alla madre, che ricambiava il sorriso.

Babbo Natale lo accarezzò sulla guancia con una delicatezza che si sarebbe creduta impensabile in un uomo di quella stazza, poi accarezzò la testa della madre, e si chinò, togliendo dalla sacca il tronco rinsecchito che aveva portato con sé.

Schioccò il pollice contro l'indice, e una scintilla sprizzò, cadendo sui rami contorti di quello che un tempo era Ben Dammon, che iniziò ad ardere riscaldando la grotta da dove lo Spirito del Natale, come ogni anno, si spargeva per il mondo.

Buon Natale

e

Felice 2011

da

Robi & Samy

09/12/10

In My Life

C’erano volti e cose e strade, e gli alberi nei viali, e il sussurro delle api che ronzavano nei pomeriggi d’estate, quando il pallone sbatteva contro il muro, e Franceschino parava i rigori da tre metri di distanza, e Francescone aveva la collezione completa dei tascabili di Charlie Brown, e c’era il sottile dispiacere della fine del pomeriggio, e il richiamo della notte che avrebbe portato un altro giorno di quaderni e matite, e un altro albo dell’Incredibile Devil che mi avrebbe comprato mio padre.

Sono cresciuto in mezzo a cuori di cristallo.

E li proteggo dentro il mio.

Oggi danno il benvenuto a un Nuovo Giorno.

Al Sole che splende in Menlove Avenue, Liverpool, UK.

And these mem’ries lose their meaning...