30/06/10

Magic Waters VI

Rivelazioni

Magic Waters 6 Robi DEF

Continuarono a leggere e commentare le scoperte che uscivano copiose da quel vecchio manoscritto. A quanto affermavano gli antichissimi documenti, Camelot era il nome di un'isola prospiciente il tratto di costa in cui si trovava il castello. Il fatto che, affacciandosi alle molte finestre che davano sull'oceano, non si notasse traccia di terra sorgente dalle acque, né la sua presenza fosse segnata in alcuna mappa, lasciava supporre che quell'isola fosse sprofondata negli abissi in ere precolombiane, magari a causa di qualche maremoto, oppure un movimento della tettonica, particolarmente instabile lungo tutta la costiera ovest dell'America. Sempre che la storia narrata nel libro non fosse frutto di fantasia. Il particolare misterioso era che ai tempi della compilazione di quel manoscritto che ne descriveva precisamente i luoghi, l'America non era ancora stata scoperta, e la leggenda di Camelot è notoriamente un mito del Vecchio Mondo.

- Accidenti, è tardissimo! - esclamò improvvisamente Kim, guardando la pendola posta al lato della porta, le cui lancette avevano abbondantemente superato l'ora di pranzo – Siamo rimasti qui dentro per ore. Don Melville ci starà cercando...

- Hai ragione. Dobbiamo andare. Ma qui dentro ci tornerò spesso finché rimarremo qui...

Ripercorsero il corridoio verso il salone, dove trovarono il padrone di casa, comodamente seduto su una poltrona, che leggeva il giornale.

- Salve, miei giovani amici - li salutò col suo consueto sorriso cordiale - Temevo vi foste persi. Questo castello è un labirinto.

Max si grattò la testa – Ci scusi... in effetti qualcosa abbiamo perso, la cognizione del tempo! Abbiamo trovato quella magnifica biblioteca e...

- Capisco – lo interruppe Don Melville – un luogo del genere è una preda troppo ghiotta per uno studioso come lei. E' una delle biblioteche private più antiche del Mondo. Ci sono volumi raccolti nei secoli e custoditi dalla mia famiglia, che come avrete capito proviene dalla Spagna. A dire il vero, penso di averne letta solo una minima parte, di quei libri, il che è alquanto sconveniente, visti gli anni che ho trascorso in questo castello... la consideri a sua completa disposizione, mio giovane amico, forse ne saprà fare, in questi pochi giorni, miglior uso di quanto abbia fatto io.

- Ho trovato un antico manoscritto molto interessante... parla di Camelot, ma non quella di Re Artù. C'è scritto che Camelot era un'isola, e un'isola che si trovava proprio da queste parti...

Don Melville lo fissò incuriosito – Camelot? Interessante. Non ho letto quel manoscritto, ma come le dicevo, la biblioteca è sicuramente piena di informazioni che uno studioso come lei potrà mettere a frutto.

Continuarono a conversare per qualche minuto, poi si diressero in sala da pranzo, per consumare l'abbondante pasto che il Don aveva già predisposto per loro.

Una volta terminato, Max espresse la volontà di tornare a studiare i volumi della biblioteca. Kim, che era ancora provata dall'avventura con l'uragano del giorno precedente, preferì rimanere nel salone, a riposare davanti all'accogliente fuoco che danzava come sempre nel camino. Don Melville si congedò, tornando alle sue occupazioni quotidiane.

La ragazza, non appena rimase sola, si distese sul divano, stiracchiandosi pigramente. Il tepore del fuoco la induceva a rilassare corpo e mente, e prima che se ne accorgesse, cadde in un sonno profondo.


Camminava a piedi nudi lungo un corridoio del castello, fiocamente illuminato da torce poste a intervalli regolari sulle pareti. Fra di esse erano appesi quadri che ritraevano personaggi di diverse epoche, dall'aria importante, apparentemente nobili, se non addirittura re, almeno a giudicare dai paramenti che indossavano e gli accessori: gioielli, diademi, corone, spade... la cosa che la colpiva era la somiglianza fra tutti quei volti, come se appartenessero ad una stessa linea di sangue. Inoltre le parevano stranamente familiari. Finché capì perché: l'ultimo ritratto, il cui soggetto apparteneva al presente, era Max!

Un rumore improvviso alle sue spalle la scosse, qualcosa di metallico che si muoveva sul pavimento. Si voltò lentamente, col cuore che batteva impazzito, e i capelli che le si rizzavano alla base della nuca. Era pronta a qualunque cosa, ma non alla visione che le si presentò davanti agli occhi: un uomo in armatura, col viso celato dalla pesante visiera, scintillante di bagliori rossastri alla luce delle torce, che impugnava un'enorme spada, si stava avvicinando a lei.

Kim provò ad urlare, ma nessun suono le uscì dalle labbra. La sinistra apparizione si fermò, fronteggiandola. Lentamente sollevò la spada, puntandola contro di lei. Era a pochi centimetri dal suo volto, la ragazza riusciva quasi a percepirne il filo tagliente e gelido. Non poteva muoversi, e già sentiva quella lama lacerarle carne e muscoli. Ma la spada non si spostava.

Poi, con un movimento lento, ma costante, l'uomo in armatura girò il braccio, allontanando la punta della spada dal viso di Kim, dirigendola verso un corridoio alla destra di lei. Pareva volesse indicare qualcosa, e la ragazza si voltò in quella direzione, finché...


- Kim! Kim! Dove sei?

Max era entrato nel salone scendendo dalla scala a destra, e la vista del divano era coperta dal grande tavolo posto al centro della stanza.

Quando ebbe mosso pochi passi, notò una testa che spuntava tentennante da dietro la spalliera. Era Kim, che lo fissava con uno sguardo stordito e sorpreso, gli occhi semichiusi.

- Stavi dormendo? Accidenti, mi dispiace averti svegliata...

- Non fa niente... facevo un sogno stranissimo... non ricordo bene i particolari, ma mi pare ci fossi anche tu...

Max sorrise, mettendosi a sedere sul bracciolo del divano – Mi hai sognato? Spero di essermi comportato bene. Anch'io credo di averti sognata stanotte...

- Quale onore! - disse la ragazza ridacchiando - E nel tuo sogno ti sei comportato bene?

Max alzò le spalle, con un'espressione volutamente minimizzante – Insomma... comunque ti cercavo per dirti delle mie ultime sconvolgenti scoperte – continuò con tono enfatico - Ho finito di leggere quel manoscritto e... a quanto pare si tratta proprio di quella Camelot. Cioè, il Regno di Camelot, quello che poi sarebbe stato di Artù, iniziò proprio su quell'isola... qui in Messico... di più! Sembra che sia sempre rimasto qui.

- Quindi il mitico Re Artù invece della corona portava il sombrero? - commentò Kim con una risata.

28/06/10

Ti Amo

ti amo1

 

Rubare al Tempo

Ondivaghi raggi di Vita,

Bruciando il bianco e nero

Effimero di una notte già finita,

Restituisce alla mia anima

Tutto Ciò che voglio,

Ossia

 

Te, Roberto.

Incanto divino di sole e azzurro.

 

Accogli i miei Sogni, rendili

Magia d’Amore, e

Ormeggia la tua Anima nel Mare della mia Vita.

Ti Amo Roberto

Samanta

25/06/10

Magic Waters V

Magic waters 5 Robi

Visita con sorpresa

Nuotava seguendo la calda corrente sottomarina già da diversi minuti, assaporando l'ossigeno che le entrava in forma liquida nei polmoni. Stava bene, si sentiva libera, un senso di completo abbandono come mai aveva provato in vita sua. Branchi di piccoli pesci argentati le danzavano intorno, quasi a salutarla. Nessun suono disturbava quella pace assoluta, nessun suono... tranne...

Driiin! Driiin! Driiin!

Kim allungò la mano, e spense la sveglia che fastidiosamente l'aveva riportata alla realtà. Aprì gli occhi e con fatica cercò di mettere a fuoco la scena. Era ancora immersa in quel sogno così realistico, che desiderò per un attimo essere davvero una creatura del mare. La stanza era al buio. Guardò il display luminoso: le 8.30. Come poteva essere ancora notte?

Si alzò stiracchiandosi e andò alla finestra, scostando le tende. Fuori era se possibile ancora più cupo che nella stanza. Il cielo coperto da neri nuvoloni, una pioggia scrosciante che non permetteva di vedere oltre pochi metri. La tempesta continuava.

Uscendo dalla camera, dopo essersi preparata per proseguire il viaggio, incrociò nel corridoio il giovane archeologo. Anche lui vestito di tutto punto per la partenza, e con l'aria di chi si è appena svegliato. Max le lanciò un'occhiata particolarmente attenta, dandole il buongiorno.

Scendendo lo scalone videro Don Melville che li stava aspettando, a braccia conserte e lisciandosi il pizzetto bianco.

- Buongiorno, miei giovani amici. Vedo che siete pronti, ma temo non andrete da nessuna parte.

I due ragazzi si fermarono sulla scala, con un'espressione interrogativa in viso.

- La tempesta – continuò l'uomo – andrà avanti così per diversi giorni. L'ha detto la radio. E per di più la pioggia che non cessa da ieri ha reso inagibili tutte le strade. Credo dovrete sopportare la mia ospitalità ancora per qualche tempo – concluse sorridendo.

Max riprese a scendere, seguito da Kim – Accidenti! Questo non ci voleva, rovina la mia tabella di marcia!

- E la mia vacanza – aggiunse la ragazza, con un gesto infastidito – Ma per quanto andrà avanti di preciso?

Don Melville alzò le spalle – Almeno un paio di settimane, così hanno detto i notiziari. Sarà comunque mia cura rendere la vostra permanenza la più confortevole possibile. Vi ho già preparato la colazione. Dopo, se volete, potrete visitare il castello, è un posto molto interessante, pieno di angoli affascinanti. Vi lascio da soli, miei giovani amici, devo sbrigare delle faccende. Considerate la mia casa come vostra.

E con un saluto cordiale, si girò e sparì in uno di quegli angoli che aveva appena descritto.


La colazione era stata abbondante e gustosa, riuscendo in parte a lenire la frustrazione per la forzata, se pur interessante, permanenza nel castello.

Kim e Max stavano camminando lungo i corridoi, commentando la situazione che li vedeva compagni d'avventura, e raccontandosi particolari più accurati delle loro vite, per conoscersi meglio. Sembravano a loro agio insieme, e il feeling cresceva istante dopo istante, legandoli in qualche modo l'uno all'altra.

Imboccarono un corridoio a sinistra, che terminava di fronte a una porta massiccia in legno brunito.

- Secondo te cosa c'è lì dietro? - chiese Kim, ridendo e indicando le pesanti ante scure.

- Una stanza delle torture – rispose l'archeologo, con un ghigno satanico.

- No – disse Kim, tornando seria – Questo castello ha solo buone vibrazioni... impossibile vi sia qualcosa che ha a che fare con morte, dolore, violenza...

- Max le cinse le spalle con un braccio – Ma io scherzavo, infatti... andiamo a vedere, a questo punto sono curioso.

Avanzarono verso la porta e l'aprirono. Le ante si mossero quasi da sole, lasciando allo sguardo ammirato dei giovani la più grande biblioteca privata avessero mai visto. Una sala di circa cento metri quadrati interamente occupata da scaffali stracolmi di volumi, alti fino ai cinque metri di soffitto.

- Accidenti... - mormorò Max, muovendo i primi, emozionati passi nella sala – quanti libri ci saranno qui dentro?

- Non ne ho idea... – disse Kim sottovoce – ma questa stanza da sola potrebbe essere quotata in borsa! Quei libri sembrano tutti molto antichi e di valore...

- Max si aggirava per la stanza, fissando le file di libri, studiandone i titoli, sfiorando le rilegature preziose con la punta delle dita – Si, infatti... guarda qui! - esclamò, fermandosi e afferrando un volume sottile ma di grandi dimensioni.

Iniziò a sfogliarlo con trepidazione, mentre sul suo volto le espressioni si susseguivano a ritmo concitato – Non è possibile! Questo manoscritto risale ai primi secoli dopo Cristo... è in latino, una strana forma di latino, quasi anglicizzato... mai letto niente di simile...

Kim seguiva affascinata i movimenti del compagno, cercando di decifrare quelli che per lei erano solo strani segni sbiaditi, vergati a mano su vecchi fogli ingialliti dal tempo.

- Da quel poco che ci capisco – continuava Max, leggendo il manoscritto – mi pare racconti la storia di un'isola... un'isola nel Pacifico. Ecco, qui ne dice il nome – esclamò improvvisamente, puntando il dito su una riga – e... il nome è... Camelot!

I due giovani si fissarono per lunghi istanti, mentre il silenzio nella biblioteca sembrava avvolgerli in uno spesso manto.

20/06/10

Magic Waters IV

Magic Waters 4 Robi

Fuochi soffusi

- Accidenti! E ora?

- E' andata via la luce... dev'essere stato quel fulmine – commentò Kim, guardando verso la finestra – anche la strada non è illuminata, i lampioncini nel cortile sono tutti spenti... probabilmente c'è un danno alla linea elettrica di tutta la zona, forse un sovraccarico.

- Speriamo che il black-out non duri tanto... - disse Max, fissando anche lui il rettangolo scuro della finestra. Le fiamme guizzanti nel camino pennellavano di riflessi ambrati il viso del giovane.

Kim lo ammirava quasi ipnotizzata dalla suggestione di quell'atmosfera particolare - Meno male che il fuoco non è soggetto a interruzioni di corrente – disse infine sorridendo, e volgendo lo sguardo verso il camino – altrimenti non riusciremmo nemmeno a vederci...

- E sarebbe proprio un peccato – aggiunse l'archeologo, scrutando ancora una volta la figura slanciata ed elegante della sua interlocutrice.

Kim glissò su quel commento, facendo finta di non averlo sentito. Si tirò indietro col busto, appoggiando le mani sul tappeto dove si erano comodamente sistemati dopo l'uscita di Don Melville. La luce calda danzava sul suo corpo, mettendone in risalto le forme, sotto lo sguardo ammirato e indagatore di Max.

- Sembrerà un luogo comune in questi casi, ma... io sono sicuro di averti già vista da qualche parte.

Kim lo fissò sorpresa – Stavo pensando anch'io la stessa cosa! Sarà questa luce soffusa, ma il tuo volto non mi è nuovo. Sei mai stato a San Francisco?

- No, mai – rispose il giovane archeologo, armeggiando con l'attizzatoio sui ciocchi scoppiettanti per ravvivare il fuoco – in California sono stato solo a Los Angeles, e fra l'altro proprio recentemente, per una tappa di riposo dopo aver compiuto ricerche in Arizona, e prima di scendere quaggiù in Messico... sono rimasto per tutto l'ultimo week-end, c'era un locale a Glendale dove si mangiava benissimo!

- L'Ocean Pie! - esclamò Kim strabuzzando gli occhi – Ecco dove ti ho visto! Eri quel tipo che occupava sempre il tavolo d'angolo vicino al juke-box, con un librone davanti e lo sguardo concentrato...

Max spalancò a sua volta gli occhi, mentre un sorriso divertito gli illuminava il volto – E tu eri quella ragazza che stava sempre al bancone a parlare coi proprietari. Impossibile non notarti.

La vivace luce del camino nascose il rossore che colorò le guance di Kim a quel complimento – Impossibile non notarmi? Mica avevo un mantello rosso come Supergirl e i sonaglini alle caviglie! - esclamò con un risolino imbarazzato – Il proprietario dell'Ocean Pie è il marito di mia cugina, e mi sono fermata una settimana presso di loro scendendo da Frisco - aggiunse subito dopo, anche per cambiare discorso.

- Il tuo è un viaggio di piacere? Oppure sei venuta in Messico per lavoro? Stasera hai accennato a qualcosa che ha a che fare con la salvaguardia dell'oceano e le specie marine, giusto?

- Sono in vacanza – rispose Kim – ma comunque si, lavoro per un'organizzazione che si occupa proprio di quelle cose... la Star-Shaped Seashell...

- La conosco! - la interruppe l'archeologo – Anzi, ho anche collaborato con voi in un paio di occasioni... più che io, il mio Dipartimento, per essere precisi. Il capo è sempre Gracelyn Greene?

Kim sorrise – Si. E proprio lei mi ha praticamente costretta a prendermi un mese di vacanza, dopo che abbiamo risolto un caso particolarmente impegnativo al largo delle coste australiane.

- Interessante... deve essere un lavoro molto difficile, ma che dà soddisfazioni...

- Non sai quanto... entrambe le cose – rispose lei, allungando le braccia sopra la testa e stiracchiandosi, mentre sbadigliava. Quel movimento sollevò il seno, premendolo contro la stoffa leggera del vestito, e mettendone in risalto la forma perfetta, che non sfuggì all'attenzione del maschio dimorante dentro l'archeologo.

- Sei stanca? Andiamo a letto? - le chiese.

- In effetti, si, è stata una giornata pesante, una bella dormita è quello che ci vuole – rispose Kim, con un altro sbadiglio – per quanto piacevole sarebbe rimanere a conversare con te – aggiunse con un timido sorriso.

Max si alzò in piedi, porgendole la mano – Prego, Milady.

- Grazie Milord – disse lei, ridendo e prendendo quella mano – vedo che le care buone maniere del vecchio Continente non sono state rimosse da anni di convivenza con noi selvaggi del Nuovo Mondo!

- Buon sangue non mente! - rispose lui, accompagnandola mano nella mano fuori dalla sala, e dirigendosi verso lo scalone che portava alle camere.

15/06/10

Magic Waters III

Magic Waters 3 Robi

La prima sera

- Ci sarà qualcosa della mia taglia... e non confezionato nel Diciassettesimo secolo, qui dentro? - si chiese Kim, mentre apriva le porte della cabina, anzi stanza armadio, posta sulla parete nord della camera.

Con sollievo scoprì che i capi di abbigliamento conservati lì dentro, non solo erano attuali e di gran classe, ma provandone alcuni, le calzavano a pennello.

Dopo un'accurata scelta, e rimirandosi più volte nello specchio, scelse un abitino nero al ginocchio, con le maniche lunghe. Elegante e seducente, in quanto la già generosa scollatura era messa ancor più in risalto da laccetti legati sotto al seno. Completava l'abbigliamento un paio di sandali in tinta, col tacco non molto alto e cinghie strette intorno alla caviglia, decorati con strasse.

Scendendo lungo la scala che portava al salone d'ingresso, notò con una punta di compiacimento lo sguardo ammirato che Max le lanciò, interrompendo per un attimo la conversazione in atto con Don Melville. I due uomini la stavano aspettando, e una volta giunta in fondo allo scalone, il padrone di casa fece loro strada verso la sala da pranzo.


- Atlantide mi ha sempre affascinato, fin da quando ero piccolo. Ho scelto di fare l'archeologo praticamente per ritrovarne i resti – Max, come sempre, quando parlava della sua passione principale, usava un tono eccitato ed entusiasta.

- Ma Atlantide non è una leggenda? - lo interruppe Kim – Io lavoro per un'organizzazione che studia mari e oceani in tutto il mondo, eppure non abbiamo mai rilevato tracce e testimonianze della sua esistenza.

Don Melville seguiva con interesse la conversazione fra i due giovani, intervenendo di tanto in tanto per domandare se le portate fossero di loro gusto, e l'ospitalità del castello di loro gradimento. Gli ospiti lo rassicuravano, dichiarando ripetutamente come nemmeno in un Grand Hotel potessero desiderare un trattamento migliore.

- Chi cerca trova – affermò Max – Sicuramente voi siete più concentrati nel salvare specie marine a rischio, e i mari dall'inquinamento, che a cercare reperti archeologici sommersi.

- Che cosa l'ha portata in Messico, mio giovane amico? - chiese Don Melville, con un tono che poteva sembrare indagatorio, ma che i due ospiti non notarono.

- Sto seguendo le indicazioni di certi documenti di cui la mia Università è venuta in possesso.

- Ma come? - esclamò Kim, interessata - Atlantide sarebbe sprofondata nell'Oceano Pacifico, quindi? Non era quello Atlantico, visto anche il nome?

Don Melville concentrò ancora di più la sua attenzione sulla risposta che Max avrebbe dato.

- Il mito la pone nell'Atlantico, infatti – spiegò il giovane archeologo – ma anni di studi, e una notevole quantità di documenti che ho raccolto parrebbero non suffragare questa ipotesi. D'altra parte c'è anche chi teorizza il Continente Scomparso sia sotto le sabbie del Sahara, avete letto il romanzo, no? Gli studi più recenti hanno portato a escludere le altre ipotesi, e le mie ricerche personali lasciano supporre Atlantide sia da qualche parte nell'Oceano Pacifico, in un'area prossima a Baja California.

- Interessante... – commentò Kim, aggiustandosi una ciocca di capelli che le era scivolata sulla fronte. Max seguì quel movimento con uno sguardo affascinato. Quella ragazza aveva un non so che di misteriosamente sensuale. Una sorta di magnetismo che riusciva ad alzargli il livello di testosterone anche solo con un gesto della mano come quello appena compiuto.

- Scusatemi, miei giovani ospiti – disse Don Melville sorridendo, e alzandosi – vi lascio alle vostre conversazioni. Rimanete pure quanto volete, il camino vi terrà compagnia restando acceso tutta la notte. Io sento il bisogno di ritirarmi, purtroppo l'età ha le sue esigenze - concluse sorridendo, e accarezzando la barba candida, per rafforzare la sua affermazione.

Max e Kim si alzarono a loro volta, salutando il padrone di casa e dandogli la buonanotte.

- E ora dimmi qualcosa di te... - fu l'ultima frase che Don Melville udì pronunciata da Max, mentre usciva dalla sala.


La luce ambrata di una lampada illuminava debolmente lo scrittoio della camera da letto del distinto signore messicano. Don Melville, già in abbigliamento da notte, con un'elegante vestaglia di seta, era chino su un lato del mobile, e armeggiava con una serratura nascosta sotto il piano. Aprì uno scomparto segreto, e ne estrasse un piccolo libro rilegato in cuoio dall'aspetto antico. Poggiatolo sullo scrittoio, lo aprì ad una pagina indicata da un segnalibro d'argento, circa a metà del volume.

- Arcani sentieri tra Vie d'Uragano,

percorsi da Naviganti in Mari diversi,

si uniscono nella Strada del Re,

tra fiumi di scintille dorate

alla ricerca del Ritorno del Tempo... - mormorava il Don rileggendo il testo che studiava attentamente. Sollevò lo sguardo, seguendo una scia di pensieri – Che siano...

La frase fu interrotta a metà dall'intenso bagliore improvviso di un fulmine, a cui seguì il buio totale.

07/06/10

Perfect Man

Perfect man2

 

Sei tu che mi proteggi

dal buio della notte

quando il silenzio fa troppo rumore

per permettermi di sognare.

 

Consumo i miei pensieri

nella visione di Te

mentre segui la scia del sole,

lasciando che il vento

- dolce respiro profumato di mare -

accarezzi la Tua anima

indicandoti la strada per l’oceano.

 

Sei l’universo di luce

che irrompe nei miei sospiri effimeri

- brevi istanti d’ovattato tormento –

soffocando le tenebre della galassia gelata,

che urla attraverso i vetri rotti

di una coscienza limpida.

 

Se fossi un sogno non potrei amare

la tua unicità, Roberto.

Sei troppo Reale per essere

una mia fantasia corrotta

dalla voglia di Te.

Tendi le mani e accetta

la mia imperfezione, Perfect Man.

 

Alla mia Vita basta sapere

che Ti appartengo

e Tutto diventa Perfetto.

Come Te.

 

Buon Onomastico Marito mio

Ti Amo Tesoro mio

                                         La Tua

                                  Samanta